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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-02-08

La spesa statale regionalizzata

Regione per regione la mappa della spesa per scuola, sanità e sicurezza

Ragioneria dello Stato: sui servizi essenziali troppe differenze tra Nord e Sud

Troppo poco federalismo nelle finanziarie delle Regioni

Federalismo, solo sette Regioni "autosufficienti"

Sanità, il deficit tocca i 3,2 miliardi

I consumi sono il 20 0n più di quanto si dichiara al fisco

Dai dati della Ragioneria generale dello stato emerge un quadro di forti differenze territoriali nella spesa procapite che le regioni sostengono per garantire ai cittadini alcuni servizi essenziali.

Alla maggiore quantità dei costi,, però, non sempre corrisponde un analogo livello di qualità

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

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Il Mio Pensiero:

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal Sito Internet di REPUBBLICA

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2010-02-09

Spesa delle Regioni in milioni di euro - Per abitante - In % del Pil

Spesa per la sanità - Per l'istruzione - Per rifiuti e ambiente

 

 

 

AVVENIRE

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2010-02-08

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-02-08

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-02-09

Dall'analisi della Ragioneria generale emerge un quadro sconcertante: differenze macroscopiche

nella spesa per abitante, non di rado senza relazione con la qualità dei servizi offerti ai cittadini

Le venti Italie

della spesa regionale

di LUISA GRION

Le venti Italie della spesa regionale

ROMA - C'è chi spende tanto e offre buoni servizi pubblici e chi investe altrettanto con minori risultati; c'è chi riceve dallo Stato una montagna di trasferimenti e chi fa i conti con un budget decismente più ristretto. Anche quando si parla di qualità del welfare e costo per il bilancio pubblico, il paese si spacca: c'è chi sta bene e chi sta peggio. I cittadini, e quello che ricevono, non sono affatto tutti uguali.

Lo si capisce dall'analisi appena pubblicata dalla Ragioneria Generale sulla spesa statale regionalizzata (dati 2008): oltre trecento pagine di tabelle dalle quali affiora un'Italia dalle mille diversità. Per vederle bisogna andare al di là di quanto le singole amministrazioni ricevono nel loro complesso (le divergenze sono tante: basti pensare che la prima della lista - il Lazio - ottiene 34 miliardi, e l'ultima - la Valle d'Aosta - si ferma ad uno e mezzo appena) e ragionare sulla spesa procapite nelle sue molteplici varianti.

Così facendo la graduatoria spesso s'inverte e si scopre che i cittadini delle varie regioni "costano" allo Stato in termini di servizi pubblici essenziali (dalla scuola, alla sanità, alla sicurezza) cifre estremamente diverse le une dalle altre. In genere si può dire che "conviene" abitare in una regione a statuto speciale, ma non bisogna fare l'errore di considerare il livello di spesa un indice di qualità: nelle regioni del Sud per esempio l'istruzione ha un costo più elevato che altrove, eppure il tasso di abbandono scolastico è ancora troppo elevato. Così è per la sanità: non è detto che le strutture più costose siano quelle che offrono le migliori performances.

 

Fra le amministrazioni più virtuose e quelle più spendaccione i gap sono, comunque, molto elevati. Se guardiano alla spesa procapite al netto degli interessi sul debito pubblico vediamo infatti che La Valle d'Aosta, ad esempio, spende per ciascuno dei suoi abitanti cinque volte tanto la Lombardia: si va dai quasi 12 mila euro l'anno per la prima ai 2 mila e mezzo appena della seconda. Il Lazio investe quasi il doppio dell'Emilia Romagna. La Sardegna, che pur sta al terzo posto in classifica dopo il Trentino Alto Adige (10.524 euro procapite), più o meno due volte il Piemonte.

Le graduatorie variano ulteriormente a seconda della voce di spesa: quanto alla Sanità, infatti, in testa alla lista della spesa c'è la Sicilia, con 439 euro procapite, seguita dal Lazio con 384 (di cui 30 se ne andrebbero però in ricerca e svluppo), in Lombardia si scende a 110. Ma l'equazione "più mi sposto al Sud, più spendo" non regge: Campania e Calabria stanno agli ultimi posti della classifica con rispettivamente 77 e 43 euro a persona.

Sorprese le riservano anche la scuola e la sicurezza. Un bambino alle elementari in Calabria costa 394 euro, nel Lazio 260 euro, in Lombardia 226, in Veneto, 240. La Campania spende per l'ordine pubblico 266 euro ad abitante, l'Emilia Romagna 171, la Sardegna 284, la Toscana 214. Difficile dire con certezza dove le scuole siano migliori e i cittadini si sentano più sicuri, resta il fatto che le differenze non sempre sono giustificate dalla qualità del servizio.

Spesa delle Regioni in milioni di euro - Per abitante - In % del Pil

Spesa per la sanità - Per l'istruzione - Per rifiuti e ambiente

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L'UNITA'

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2010-02-08

 

il SOLE 24 ORE

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2010-02-08

La spesa statale regionalizzata

Regione per regione la mappa della spesa per scuola, sanità e sicurezza

di Claudio Tucci

8 febbraio 2010

"Dai nostri archivi"

Ragioneria dello Stato: sui servizi essenziali troppe differenze tra Nord e Sud

Troppo poco federalismo nelle finanziarie delle Regioni

Federalismo, solo sette Regioni "autosufficienti"

Sanità, il deficit tocca i 3,2 miliardi

I consumi sono il 20 0n più di quanto si dichiara al fisco

Dai dati della Ragioneria generale dello stato emerge un quadro di forti differenze territoriali nella spesa procapite che le regioni sostengono per garantire ai cittadini alcuni servizi essenziali. Alla maggiore quantità dei costi,, però, non sempre corrisponde un analogo livello di qualità

Un bambino alle elementari in Calabria costa 394 euro, nel Lazio 260 euro, in Lombardia 226, in Veneto, 240. La Campania spende per l'ordine pubblico 266 euro ad abitante, l'Emilia Romagna 171, la Sardegna 284, la Toscana 214. Costi molto diversi anche sul fronte dei servizi sanitari: Puglia, Marche, Piemonte, spendono, dai 30 ai 51 euro ad abitante, mentre, in Sicilia e nel Lazio, le spese pro capite salgono rispettivamente a 439 e 384 euro. E' una mappa molto variegata quella tracciata dalla Ragioneria generale dello stato che ha anticipato i dati sulla distribuzione territoriale della spesa statale nel 2008.

Sotto la lente dei tecnici della Ragioneria sono finiti circa 524 miliardi (di cui 249 "regionalizzati", cioè, distribuiti, regione per regione), calcolati su tutti i pagamenti effettuati dall'Erario, anche attraverso risorse comunitarie, per spese correnti e in conto capitale.

Complessivamente, scorrendo le 310 pagine dello studio, emerge al primo posto per finanziamenti statali ricevuti il Lazio, con oltre 34 miliardi, seguito da Lombardia, quasi 31 miliardi, Sicilia, 27,3 miliardi e Campania, 22,7. Fanalino di coda la Valle d'Aosta, con poco più di un milione e mezzo di euro. Ma se si guarda la spesa non i valore assoluto ma per abitante e in funzione al prodotto interno lordo, si scopre il "ribaltone" e si vede che a esser più fortunati sono i residenti nelle regioni autonome, rispetto a quelli delle regioni a statuto ordinario. Facendo un esempio, Valle D'Aosta e Trentino-Alto Adige spendono, pro capite, rispettivamente, 12.171 e 10.862 euro, circa 3-4 volte in più, che in Veneto o Lombardia, dove la spesa pubblica si ferma a 3.089 e a 3.192 euro. Stesso risultato, se si considera la spesa sul Pil: tutte e 5 le regioni a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta, primeggiano la speciale classifica, attestando la propria spesa tra il 20% e il 35% di Pil, contro il 9,4% della Lombardia, il 12% del Piemonte, il 15,2% della Liguria. Senza scordare, peraltro, che buona parte di queste risorse se ne vanno in spese correnti (in particolar modo, per pagare stipendi), lasciando, quindi, agli investimenti effettivi, davvero poche briciole.

 

Il federalismo fiscale "soluzione fisiologica"

"È la dimostrazione - spiega al Sole24Ore.com, Fabrizio Pezzani, ordinario di programmazione e controllo alla Bocconi - che i soldi pubblici sono ancora spesi secondo logiche di welfare mascherato per tenere bassi i conflitti sociali, e non invece come stimolo per crescita e produttività". Secondo Pezzani il federalismo fiscale rappresenta "la soluzione fisiologica per il bene del Paese" a patto, però, che "si punti su responsabilizzazione diretta degli amministratori e controlli reali sulla destinazione finale delle risorse".

A completare il quadro non esaltante c'è la constatazione che alla quantità di risorse spese non corrisponde necessariamente la qualità dei risultati, come sottolinea la Ragioneria. Emblematico è il caso dell'Istruzione, dove tutte e 5 le principali regioni meridionali, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, spendono di più rispetto alle medie nazionali senza ottenere significativi miglioramenti su dispersione e competenze scolastiche. Anzi. Alle elementari, l'Invalsi ci ricorda un gap negli apprendimenti rispetto ai bambini del Centro-Nord, di diversi punti percentuali, soprattutto in italiano. E sempre al Sud, sottolineano gli ultimi studi Isfol e Censis, la dispersione scolastica raggiunge picchi fino a oltre il 20% e apprendistato e offerta formativa professionale sono, letteralmente, al lumicino.

 

 

 

Ragioneria dello Stato: sui servizi essenziali troppe differenze tra Nord e Sud

di Claudio Tucci

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9 novembre 2009

La spesa statale regionalizzata 2007

Commissione europea: il deficit italiano torni sotto il 3% entro il 2012

"Dai nostri archivi"

I dorsi regionali del Sole: comuni e regioni in campo contro lo smog

Sicilia

Campania

Molise

Guida al piano casa, in edicola l'instant book

La Sicilia spende 472 euro ad abitante per servizi sanitari, il Lazio, 329, la Lombardia, 159. Un bambino alle elementari, in Campania, costa 326 euro, in Veneto, 227, in Calabria, 373. Spese diverse, anche, per uno studente alle superiori: la regione più "economica" di tutte è l'Emilia Romagna, con, appena, 217 euro a ragazzo. La più "cara", la Basilicata, con 369 euro. E mentre nel Lazio si spendono, complessivamente, oltre 3 milioni per la sicurezza e l'ordine pubblico, in Molise si supera a fatica quota 105mila euro. A disegnare un'Italia a 2, 3, 4 velocità sul fronte della spesa per servizi pubblici essenziali, come istruzione, sanità, sicurezza, è l'annuale rapporto della Ragioneria generale dello Stato sulla distribuzione regionale della spesa statale.

I dati elaborati si riferiscono al 2007 e riguardano, con l'esclusione dei rimborsi di prestiti, tutti quei pagamenti erogati dallo Stato, anche attraverso risorse comunitarie, per spese correnti e in conto capitale, distinti per regione di destinazione. Complessivamente, sono state analizzate spese per circa 630 miliardi di euro, di cui 506 sono state "regionalizzate", cioè, attribuite a livello territoriale.

Come nel 2006, la regione che ha ricevuto più risorse pubbliche di tutti è stata la Lombardia, con 75,2 miliardi di euro (il 14,9% del totale). A seguire, il Lazio, con 56,9 miliardi (11,2%), la Campania, con 43,6 miliardi (8,6%) e la Sicilia, con 42, 2 miliardi (8,3 per cento). Fanalini di coda, la Valle d'Aosta, con 2,2 miliardi (0,4%), il Molise, con 3 miliardi (0,6%) e la Basilicata, con 5 miliardi (1 per cento). Posizione intermedia, per Emilia Romagna, con 35,7 miliardi (7%), Piemonte, con 37,2 miliardi (7,3%), Puglia, con 31,5 miliardi (6,2%) e Veneto, con 34,5 miliardi (6,8 per cento). A livello territoriale, la maggior parte di fondi è arrivata al Nord (circa il 45% delle risorse complessive). Dietro, il Centro (30 per cento). Ultimo posto, per il Sud, dove sono stati trasferiti più o meno 130 miliardi di euro (25% del totale).

Una realtà già di per se variegata, che non finisce di stupire se si vanno a vedere le destinazioni finali delle spese. Cioè, per finanziare alcuni importanti servizi essenziali. Si scopre, così, sfogliando le oltre 338 pagine del rapporto della Ragioneria, che per la sicurezza e l'ordine pubblico, solo 4 regioni hanno speso più di un milione di euro. E, cioè, Campania (1,6), Lazio (3), Lombardia (1,8) e Sicilia (1,6). Sul fronte trasporti, poi, Lazio e Lombardia, distanziano tutti, spendendo, rispettivamente, 1,6 e 1,4 milioni di euro. Per la protezione dell'ambiente, è il Veneto la regione più attiva: nel 2007 ha speso 490mila euro.

Salute e istruzione rappresentano, invece, seppur per motivi diversi, casi "emblematici". Per i servizi sanitari, le 2 regioni che hanno speso più soldi di tutti sono state Sicilia e Campania: oltre 2 milio di euro. Praticamente, 472 euro per ogni cittadino siciliano e 357 per uno campano. Con servizi sanitari offerti alla gente, però, che non sono proprio sinonimo di eccellenza. E men che meno proporzionali alle risorse spese. A differenza, invece, di regioni come il Piemonte o la Toscana, dove la sanità mostra, comunemente, indicatori di maggior efficienza, ma la spesa pubblica pro capite per tale voce scende, rispettivamente, a 105 e 149 euro ad abitante.

Discorso a parte merita l'istruzione. Qui, regionalizzando la spesa statale, si può notare come, alla primaria, un bambino campano sia costato 326 euro, mentre uno lombardo, 214. E, ancora, in Umbria, la spesa è stata di 255 euro e in Basilicata di 335. Una situazione "singolare", considerato come il servizio offerto (e spesato), la frequenza a una scuola elementare, dovrebbe essere identico, da Palermo a Milano. Il nuovo federalismo fiscale è, ancora, in cantiere, ma sono già tanti i problemi che si ammucchiano sul tavolo, in attesa di trovare la giusta soluzione.

9 novembre 2009

 

 

 

Troppo poco federalismo

nelle finanziarie delle Regioni

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17 novembre 2009

"Dai nostri archivi"

I dorsi regionali del Sole: comuni e regioni in campo contro lo smog

Ragioneria dello Stato: sui servizi essenziali troppe differenze tra Nord e Sud

Spunta il rimborso Iva sulla tassa dei rifiuti

Le Regioni puntano sulle addizionali

Sanità, 4,3 miliardi di risparmi

Peso della spesa sanitaria predominante e poche azioni sulla leva fiscale: c'è ancora poco federalismo delle manovre finanziarie delle Regioni. I periodici regionali del Sole 24 Ore oggi in edicola analizzano nel dettaglio le manovre d'autunno. A Nord-Est, la manovra di bilancio del Veneto taglia fondi per le imprese e l'agricoltura, premia infrastrutture e lavori pubblici. La finanziaria del Friuli-Venezia Giulia, ispirata al contenimento della spesa, riduce di un quarto le risorse destinate all'economia (da 182 milioni nel 2009 a 136), poiché la priorità è sanare un buco di 240 milioni. In Trentino è previsto un tetto alle consulenze esterne, ridotte del 50 per cento.

"Abbiamo scelto – dice l'assessore al Bilancio della Regione Piemonte Paolo Peveraro - di non assumere decisioni vincolanti per lasciare libera la prossima giunta". Così 600 milioni rimangono in attesa di destinazione. Respiro di sollievo per la Liguria, che ha avuto l'ok dal tavolo interministeriale sul piano di risanamento della Sanità. In Lombardia, dove il bilancio vale 23 miliardi, l'attenzione verso il difficile momento economico si concretizza in un fondo straordinario di spesa corrente per le nuove emergenze e uno per gli accordi di programma per un totale di 1,2 miliardi. A fronte dei grandi investimenti infrastrutturali previsti in regione nei prossimi anni, gli interventi messi a budget sono poco meno di 79 milioni.

Per l'anno prossimo i preventivi delle giunte del Centro-Nord – di recente approvazione nelle Marche, Toscana ed Emilia-Romagna, in via di essere varato in Umbria – registrano una riduzione delle entrate (-2% nell'area), un più forte peso delle spese sanitarie (19,6 miliardi, il 63,4% delle manovre) e un rafforzamento delle politiche di sostegno allo sviluppo economico, con un'attenzione concentrata soprattutto sul tema del credito e sulle reti di impresa. Nel Lazio per il 2010 si profila un bilancio tecnico per il 2010: nessuna nuova Finanziaria e nessun Documento di programmazione economico finanziaria. Sono le conseguenze delle dimissioni del presidente della regione Marrazzo e dello scioglimento del consiglio regionale.

In Campania su una manivra del valore complessivo di 19 miliardi, la spesa sanitaria vincolata vale esattamente 9,471 miliardi. Una somma che, tolti gli 1,4 milioni destinati a un progetto sulla veterinaria, non riguarderà gli investimenti.

LOMBARDIA

IN CAMPO 350 MILIONI PER RIQUALIFICARE I LAVORATORI

La cassa integrazione ordinaria è calata del 32% in ottobre, quella straordinaria del 4,4% rispetto al mese precedente, secondo quanto calcolato dalla Uil. Tuttavia non è detto che le variazioni siano sinonimo di uscita dalle difficoltà. I valori di settembre spesso sono falsati in quanto includono parte delle richieste di agosto, registrate in ritardo. Inoltre, potrebbe essere già in atto un passaggio dalla cassa ordinaria (ormai esaurita da alcune aziende) a quella straordinaria. In compenso corre quella in deroga: 9.200 soggetti coinvolti nei primi nove mesi, per 71mila lavoratori e risorse stanziate per 416 milioni. Come sottolinea Michele Pellizzari, docente della Bocconi, se per la produzione si può ipotizzare che il picco negativo sia passato, non altrettanto si può dire per il lavoro. E mentre gli addetti coinvolti nella cigs straordinaria hanno l'obbligo-opportunità di riqualificarsi (21mila soggetti coinvolti, 350milioni di risorse in campo), Bruno Bossina, direttore regionale di Intesa Sanpaolo auspica che le imprese si dotino di patrimonio adeguato.

NORD-OVEST

PRIMI ORDINI DA CHRYSLER PER L'INDOTTO AUTOMOTIVE

Nuove strategie globali, contatti, trattative, e – soprattutto – ordini. Primi effetti del piano che Sergio Marchionne ha elaborato per Chrysler sulla filiera auto piemontese: proprio in questi giorni sono state firmate le prime commesse per la nuova linea della Cinquecento che verrà realizzata in Messico. Certo non si tratterà di una partita semplice: almeno per le 120mila Cinquecento all'anno che dovrebbero essere prodotte a Toluca il Lingotto ha dato istruzione ai propri uffici acquisti di interpellare anzitutto i fornitori che lavorano con lo stabilimento polacco di Tychy, ma "in un settore come il nostro si tratta di un mero diritto di prelazione", ricorda con realismo il presidente di Anfia Componenti, Mauro Ferrari: "La differenza la fa il prezzo. Oltre alla qualità, naturalmente".

NORD-EST

CRESCE IL DEBITO DELLE FAMIGLE DEL TRIVENETO

Caumenta l'indebitamento delle famiglie di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Negli ultimi cinque anni il credito al consumo è salito del 94,5% (in Veneto del 99,9%). Lo rivela una ricerca dello studio Sintesi, che mette in evidenza il ruolo preponderante delle finanziarie private rispetto alle banche

CENTRO-NORD

BORSA DELL'ORO USATO AD AREZZO

Le quotazioni dell'oro hanno superato i 1.100 dollari l'oncia e anche in Toscana crescono i negozi che fanno compravendita di oro usato: in cinque anni i procacciatori sono quasi raddoppiati. Per intercettare anche questo business, il distretto orafo di Arezzo, uno dei più importanti d'Italia, sta studiando l'ipotesi di introdurre una vera e propria Borsa dell'oro usato. Il progetto dovrebbe dare una spinta ai consumi di oggetti preziosi

LAZIO

FONDI AI TRE DISTRETTI HI-TECH

Nati da un accordo tra regione e ministero della Ricerca e coordinati da Filas, i tre distretti tecnologici del Lazio - bioscienze, beni culturali e aerospazio - hanno incassato oltre 200 milioni di euro di finanziamenti pubblici.

SUD

SOTTO INCHIESTA I BOND DELL'ACQUEDOTTO PUGLIESE

La Procura della Repubblica di Bari ha aperto un'indagine sul bond da 250 milioni di euro sottoscritto dall'Acquedotto Pugliese con Merril Lynch nel 2004. Finora è solo un fascicolo conoscitivo: nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati.

Dunque, si stanno solo vagliando le condizioni di questo prestito obbligazionario, che era finalizzato a ristrutturare la rete idrica sia in Puglia sia in Basilicata (la scissione del servizio tra le due regioni è avvenuta in epoca più recente) e prevedeva la restituzione della somma erogata entro il 2018. Sotto la lente c'è proprio il sistema di accumulo dei fondi che doveva servire al rimborso, attuato col metodo del sinking fund: si sospetta che il suo meccanismo fosse preordinato ad addossare sull'azienda pubblica rischi eccessivi.

17 novembre 2009

 

 

 

Federalismo, solo sette Regioni "autosufficienti"

di Gianni Trovati

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4 AGOSTO 2008

Aut aut del Governo. Per il Lazio ipotesi nuovo commissario

"Dai nostri archivi"

Federalismo, prove d'intesa

Lo schema del disegno di legge

Federalismo: in settimana al via l'iter del Ddl in commissione

Ai Comuni anche la tassa di scopo

Ai Comuni anche la tassa di scopo

Tutto si gioca sul "benchmark ". Il criterio-guida, la pietra angolare della complessa architettura del federalismo fiscale che si metterà in moto a settembre è tutta in quattro righe dello schema di Ddl delega che il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli ha presentato la scorsa settimana a Regioni ed enti locali. In quelle righe (all'articolo 5, comma 3, lettera g, per gli appassionati del genere) si dice che la nuova fiscalità autonoma, quella fatta dai tributi propri e dalle aliquote di compartecipazione, deve essere sufficiente a finanziare integralmente le competenze decentrate "in almeno tre Regioni".

Questione di parametri

Ecco, tutto dipende da quali saranno le tre Regioni-benchmark, e se saranno davvero solo tre. Fissata l'asticella, infatti, le altre dovranno trovare i mezzi per farcela.

Con la perequazione, certo, cioè con il contributo che le Regioni ricche metteranno sul piatto destinato a "ridurre adeguatamente " il dislivello con i territori più poveri.

Ma soprattutto con l'efficientamento della spesa, su cui la proposta Calderoli punta tutte le sue carte. È il sistema competenze in periferia-soldi dal centro, sostengono infatti le premesse al Ddl delega, che ha fatto impazzire la spesa pubblica: una prova? La sanità, che nel '98 costava 55 miliardi e oggi ne brucia il doppio.

Più in alto sarà collocata l'asticella,più il motore dellarazionalizzazione (e dei tagli di spesa) dovrà essere potente. E più si libereranno risorse per le Regioni che dal proprio territorio riescono a ricavare una dote fiscale maggiore.

Il dare-avere

La fotografia del rapporto fra dare (tasse) e avere (servizi) tra Stato e territori, realizzata da ultimo da uno studio condotto per Confindustria da Massimo Bordignon, docente di Scienza delle Finanze alla Cattolica di Milano, mostra l'Italia alla vigilia del Fisco federale: le Regioni in cui la pressione fiscale genera più risorse di quante ne vengono spese in servizi sono solo sette. Nelle altre 14 (Province autonome comprese), la dinamica è opposta, e il Fisco autoctono non basta da solo ad alimentare la spesa pubblica attuale. Brutalmente, dal freno alla mobilità delle risorse fiscali il primo gruppo ha tutto da guadagnare, perché oggi produce più entrate che spese per servizi. Tra 2002 e 2006 (la media quadriennale è necessaria per scontare le oscillazioni di cassa), per esempio, ogni lombardo ha dato al Fisco, nelle sue varie forme, 13.700 euro, ricevendone solo 8.850 in termini di spesa pubblica. In credito con il "pubblico", anche se in misura più contenuta, sono anche emiliani (3.450 euro a testa), veneti (2.900 euro), piemontesi (1.900 euro), e, lontano dal Nord, i cittadini di Marche (1.150 euro) e Lazio (1.500). Gli altri (32,2 milioni di italiani) sono tutti, chi più chi meno, in rosso, fino al record dei 3mila euro che ogni valdostano riceve in media più di quanto paga in tasse.

Tra numeri e politica

Due avvertenze sono indispensabili: con il federalismo, almeno secondo i suoi (ormai numerosissimi) propugnatori, cambia tutto, a partire da una più razionale distribuzione delle competenze e da un (si spera) più stringente controllo dei cittadini, alimentato dal legame più stretto di taxation e representation.

E i calcoli, condotti sulla base delle conti pubblici territoriali del ministero del Tesoro abbracciano tutta la spesa, centrale e locale. Ma se non è immediatamente sovrapponibile alle ipotesi di Fisco federalee di perequazione, il conto del dare- avere veste invece molto bene le speranze e le opzioni politiche che in questi anni hanno animato il dibattito del lungo cantiere federalista. La spinta delle Regioni ricche del Nord, i timori del Mezzogiorno e la freddezza degli Statuti autonomi settentrionali, Trento e Bolzano in testa, che ha cominciato a trasformarsi in opposizione quando nel Ddl delega si è affacciata l'idea di una partecipazione dei loro solidi bilanci alla "solidarietà" interregionale. A spiegarne ancora più chiaramente i motivi è un'altra elaborazione, condotta dal direttore generale di Assonime Stefano Micossi, che permette di misurare il rapporto fra reddito pro capite e trasferimenti statali (dati 2006). A guidare la classifica sono Valle d'Aosta, Sardegna e Trentino Alto Adige.

La Valle d'Aosta, ad esempio, per ogni 100 euro di reddito prodotto ne riceve 26,2 dallo Stato: oltre 13 volte in più della Lombardia, che ne riceve 1,9, ma la dote è assai ricca anche in confronto a territori in difficoltà come Puglia e Calabria, che viaggiano intorno ai 7 euro di trasferimenti ogni 100 euro pro capite.

Obiettivo efficienza

Ma i calcoli dicono anche molto per quel che riguarda l'articolazione della spesa pubblica. Che, a dispetto di qualche stereotipo nordista, in Campania è la più bassa d'Italia anche se, nonostante questo, vola più in alto rispetto al gettito fiscale locale. E anche in Calabria e Sicilia rimane lontana dalla vetta, che tra le Regioni a Statuto ordinario è raggiunta in Liguria (Trentino e Valle d'Aosta sono a distanze siderali). Certo, al livello della Calabria si colloca la spesa del Veneto. E ogni tentativo di comparare il livello di servizi fra le due Regioni spiega meglio di ogni altro dato che il sistema attuale è da cambiare.

 

 

 

 

Sanità, il deficit tocca i 3,2 miliardi

di Roberto Turno

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24 Aprile 2008

"Dai nostri archivi"

Nella spesa sanitaria "scavato" il 10 0ell'intera correzione

Sanità, per Asl e ospedali debiti a 51 miliardi (+11Subject:

Ospedali, taglio per 27mila posti letto

Sanità, 5 miliardi di deficit in più da ripianare

Ragioneria dello Stato: sui servizi essenziali troppe differenze tra Nord e Sud

Per la prima volta nel 2007 la spesa sanitaria pubblica ha sfondato il muro dei 100 miliardi, attestandosi a 102,5 miliardi di uscite. E nonostante gli indubbi successi del "metodo Padoa-Schioppa" per imbrigliare le Regioni con i conti sopra le righe, il deficit del Ssn non ha frenato: i disavanzi di Asl e ospedali – al lordo delle manovre regionali che hanno pertanto impiegato risorse proprie per ripianare le extra spese – hanno continuato a galoppare, toccando quota 3,168 miliardi. Con 13 Regioni in rosso e otto in attivo, anche se leggerissimo, e con la Toscana al top (+95 milioni). Ma tre sole Regioni – Lazio, Campania e Sicilia – con -2,6 miliardi accumulano insieme l'85% del deficit 2007 del Ssn. Se si aggiungono Liguria, Abruzzo e Piemonte, bastano sei Regioni a realizzare con -2,98 miliardi il 95% del disavanzo dell'anno scorso. Il Lazio (-1,4 miliardi) ha realizzato da solo il 45% del deficit nazionale. Di più: dal Lazio in giù, l'intero Mezzogiorno è in rosso più o meno profondo.

Non lancia l'allarme sulla spesa sanitaria la "Relazione generale sulla situazione economica del Paese 2007" presentata martedì a Palazzo Chigi da Padoa-Schioppa. D'altra parte, già la "Relazione Unificata" dell'Economia di febbraio aveva chiarito che il livello di spesa del Ssn era inferiore di 1 miliardo rispetto alla previsionale e programmatica e che la variazione di spesa sul 2006 era stata soltanto dello 0,9 per cento. Di più, si precisava: il rosso, rispetto alle assegnazioni, andava a gravare interamente sulle spalle delle Regioni. E ora il deficit totale raggiunto nel 2007, secondo i dati di cassa fotografati dalla Ragioneria generale con la nuova "Relazione 2007", ha cifre, imputati locali e aggregati di spesa sanitaria chiaramente identificabili.

Senza scordare però alcuni particolari. Il "caso Calabria": dove il rapporto della commissione ministeriale ha appena scoperto, oltre alle indecenze gestionali, debiti occulti di anni e anni nelle aziende sanitarie per 900 milioni. E ricordando i piani di rientro e le manovre anti deficit messe in atto in alcune Regioni che sono sotto la lente dell'Economia: Lazio e Abruzzo, in particolare, rischiano nei prossimi mesi l'aumento automatico delle addizionali oltre il massimo. Super addizionali Ires e Irap, insomma, con tutti i rischi del caso per contribuenti e imprese. Per non dire della spada di Damocle del commissariamento che pende ancora sul Lazio. Tutti capitoli caldissimi che irromperanno da subito nell'agenda di Berlusconi e in quella di Tremonti. Con esiti imprevedibili, vista la nuova maggioranza di Governo.

Con una spesa totale del Ssn che nel 2007 è stata pari a 102,519 miliardi, la crescita rispetto al 2006 è stata del 2,9 per cento. E con un rapporto col Pil che è stato anche l'anno scorso del 6,7 per cento. A livello regionale l'incremento maggiore di spesa s'è registrato in Friuli (+9,3%), quindi in Calabria (+6%)e in Puglia (+5,8%). Mentre proprio due delle Regioni più in difficoltà hanno fatto segnare i maggiori decrementi sul 2006: Sicilia (-2,7%) e Lazio (-2,6%), a testimonianza dei freni che in qualche modo sono stati imposti alle uscite pazze del passato. Significativo anche il dato di spesa pro-capite: 1.739 euro a testa a livello nazionale. Ma con le solite fortissime escursioni locali: dai 2.202 euro di Bolzano a 1.581 della Calabria. Il Sud è sempre ai valori più bassi.

Infine le singole voci di spesa sanitaria. Tra le quali è la farmaceutica convenzionata a far segnare di più il passo con un calo del 6,5% (che però nei dati Aifa è -6,8% con 834 milioni di minori uscite) e il rispetto dell'asticella del tetto di spesa. Ad essere cresciuta di più è stata invece la spesa per beni e servizi (+9,7%), soprattutto per la spesa farmaceutica fuori farmacia. Infine la spesa per il personale: nel 2007 ha fatto segnare soltanto +1%. Ma attenzione: i contratti non erano stati ancora rinnovati. Nel 2008 si vedrà la differenza.

 

 

 

 

I consumi sono il 20% in più

di quanto si dichiara al fisco

di Marco Mobili

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7 settembre 2009

Il confronto nelle regioni

I costi della società parallela

di Carlo Trigilia

Caccia grossa agli "indicatori di ricchezza"

di Francesco Falcone e Antonio Iorio

Per le Fiamme gialle priorità agli "studi" e al redditometro

Sprint finale sugli accertamenti (di Marco Mobili)

"Dai nostri archivi"

Irpef, quattro anni con poche scosse agli imponibili

Tigri italiane al Nord ma l'Irpef risale anche al Sud

Redditi 2007: l'80 0ei contribuentiha dichiarato meno di 26mila euro

Redditi: Ancot, nel Nord Ovest quasi il 50 0ei super ricchi d'Italia

In Lombardia anche i ricchi stringono la cinghia per la crisi

Il tenore della vita reale degli italiani viaggia a livelli molto più alti di quelli registrati dal fisco. I consumi delle famiglie - nel 2007, ultimo anno confrontabile - hanno staccato i valori dei redditi dichiarati con il modello Unico o il 730, che in media si sono fermati il 20% sotto il livello delle spese. In media, perché in alcune regioni come la Calabria la distanza fra spese e redditi dichiarati sfiora il 50%, in Sicilia è al 38,6% e si mantiene sopra quota 30% anche in Campania e Puglia. La fotografia fiscale si rivela meno sgranata al Nord, dalla Lombardia (dove si spende "solo" il 5,8% in più di quel che si dichiara) al Piemonte (13,3%) e all'Emilia Romagna (14,6%). Il Lazio, con il 19,5%, e le Marche con il 18,8%, sono in linea con la media nazionale del 19 per cento.

Discorso a parte meritano Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta, dove la forbice fra consumi e redditi ufficiali è aperta come nei territori del Mezzogiorno ma il fenomeno si spiega anche con altri fattori. Occorre considerare infatti che queste regioni autonome offrono ai residenti contributi e incentivi per l'acquisto di beni di valore importante (valga per tutti, la prima casa) per cui in realtà l'entità dei consumi è da riferire non solo a redditi prodotti dalle famiglie ma anche agli aiuti ricevuti dagli enti.

Certo, l'equazione "dimmi quanto consumi e ti dirò quanto guadagni" va un po' precisata. Se fosse sempre vera, la caccia agli evasori fiscali sarebbe quasi un gioco da ragazzi, anche per la stessa amministrazione finanziaria. E il redditometro sarebbe lo strumento perfetto per stanare i furbi delle tasse.

Il punto, però, è che non sempre è possibile individuare una correlazione diretta tra consumi e reddito: molti possono "spendere" attingendo dal risparmio oppure indebitandosi. Eppure il confronto tra quanto mediamente si sborsa per mantenere sé e la propria famiglia (il dato sui consumi finali è quello indicato nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, 2008, pubblicata dal ministero dell'Economia e delle Finanze) e quanto si dichiara al fisco, qualche problema lo segnala. E riaccende l'attenzione, e per certi aspetti l'allarme, sui temi dell'evasione fiscale e del sommerso, oltre ché sul ruolo dell'economia illegale.

La ricerca del Sole. I dati elaborati dal Sole 24 Ore dicono che ogni 100 euro lordi indicati nel modello Unico ben 120 se ne vanno in acquisti di tutti i tipi di beni e servizi. Come accennato, si potrebbe osservare che alcuni consumi (almeno quelli più importanti, l'aquisto della casa per esempio) si sostengono attingendo ai risparmi o a forme di indebitamento. Tuttavia questa circostanza è certamente riequilibrata e corretta da almeno tre punti che occorre considerare:

1) il confronto è stato operato con il reddito complessivo lordo e non con quello netto spendibile (più basso, in media, del 20-25%);

2) non tutto ciò che viene guadagnato viene speso (c'è una componente di risparmio, pur in calo rispetto al passato);

3) chi consegue redditi in nero ed evade il fisco non necessariamente li spende, ma può anche risparmiarli.

A riprova di ciò c'è il fatto che il confronto diventa ancora più impietoso se i consumi vengono confrontati non con il reddito dichiarato, ma con il reddito fiscale effettivamente disponibile per le famiglie (e quindi dopo aver tenuto conto di deduzioni, detrazioni e imposta pagata).

Calabria peggio di tutte. A livello nazionale la distanza tra acquisti e guadagni (fiscali) sale a circa il 50%: come dire che ciò che viene denunciato nei modelli fiscali basta per pagare la metà dei consumi. In Calabria, il divario tra entrate dichiarate e uscite vola all'80% e la Lombardia, che rimane comunque la regione più virtuosa, arriva a sfiorare il 40 per cento.

Le differenze tra regioni restano, naturalmente, una delle questioni più spinose. Tanto più se si guarda distintamente ai valori procapite dei redditi e dei consumi. Così, per esempio, in Calabria si dichiarano redditi mediamente inferiori della metà rispetto a quelli dichiarati in Lombardia.

Distanza che però non si riproduce osservando i consumi, che sono certamente inferiori a quelli dei lombardi ma si scostano al massimo del 30% circa.

Un'ultima considerazione riguarda il fatto che, a livello nazionale e in valore assoluto, i consumi totali (916 miliardi nel 2008) superano i redditi dichiarati (770 miliardi) per circa 146 miliardi di euro. Che diventano poco meno di 170 se invece di considerare il reddito lordo dichiarato si osserva il reddito disponibile.

Valori, in fondo, non molto distanti dalle più accreditate stime sull'economia sommersa, sempre oscillanti tra i 150 e i 200 miliardi di euro.

7 settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

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